TEMPIO DI ISIDE

 

 

 

VESPASIANO, sesterzio.

 

 

Il più celebre tempio di Iside a Roma è quello che sorgeva a Campo Marzio e compare nella Forma Urbis severiana. Su un sesterzio di Vespasiano coniato nel 71 d.C., il tempio appare tetrastilo con una raffigurazione all’interno del frontone semicircolare che mostrava la dea Iside-Sothis a cavallo di un cane e circondata da sei stelle.[1] Questo animale era particolarmente sacro a Iside e Diodoro siculo ci dice che durante le processioni solenni in suo onore il simulacro della dea erano preceduto da questi animali. Questo è il primo tipo che compare nella monetazione imperiale a celebrare una divinità egizia. La statua di culto della dea è raffigurata nell’atto di libare con una coppa nella mano destra. Nello spazio antistante il tempio vi erano numerosi obelischi in granito rosso e rosa eretti a coppie, statue di vari personaggi in varie dimensioni e anche sfingi in marmo. Iside è considerata dea lunare, trova riferimento con la Madre Terra, dispensatrice dei frutti e simbolo della fertilità, è dea della natura, della fecondità, è la rappresentazione della madre, la dea universale. A Roma e in Italia il culto di questa divinità egizia si sviluppò prevalentemente in epoca imperiale ed ebbe grande diffusione ma da alcune iscrizioni provenienti dal Campidoglio sappiamo che il culto Isiaco era vivo già dal I sec. a. C.

Nella tarda età repubblicana incontrò il favore del popolo ma provocò resistenze da parte dell’aristocrazia che mal vedeva il culto di questa nuova divinità. Cassio Dione riporta che il Senato nel 53 a.C. ordinò la distruzione di tutti i templi privati dedicati a Iside e Serapide all’interno delle mura. Un compromesso si trovò con Augusto che nel 28 a. C. confinò i culti isiaci al di fuori del pomerium mentre Tiberio ne fece demolire il tempio. Caligola ricostruì il tempio dedicato ad Iside in Campo Marzio (Iseo Campense) e Claudio, Nerone e Vespasiano favorirono il culto della dea. L’apice della sua diffusione si raggiunse con Caracalla che lo promosse a religione di Stato. E’ incerto il perché si sia scelto di raffigurare questo tipo su questa moneta ma sembra probabile sia da collegare al fatto che Vespasiano, prima di festeggiare la vittoria sulla Giudea ribelle, passò un’intera notte di preghiera all’interno del tempio di Iside per ingraziarsi la dea e abbia per questo deciso di ricordare l’evento sul sesterzio. Domiziano, dopo che un incendio distrusse il tempio nell’80,[2] lo ricostruì ed eresse l’Arcus Isis. Da questo momento in poi il culto di Iside ebbe massima diffusione.

 

Apuleio descrive Iside con queste parole:

 

io la madre della natura, la signora di tutti gli elementi, l'origine e il principio di tutte le età, la più grande di tutte le divinità, la regina dei morti, la prima dei celesti, colei che in sé riassume l'immagine di tutti gli dei e di tutte le dee, che col suo cenno governa le altezze luminose del cielo, i salubri venti del mare, i desolati silenzi dell'oltretomba, la cui potenza, unica, tutto il mondo onora sotto varie forme, con diversi riti e differenti nomi. Per questo i Frigi, i primi abitatori della terra, mi chiamano Pessinunzia, Madre degli dei, gli Autoctoni Attici Minerva Cecropia, i Ciprioti circondati dal mare Venere Pafia, i Cretesi arcieri famosi Diana Dittinna, i Siculi trilingui Proserpina Stigia, gli antichi abitatori di Eleusi Gerere Attica, altri Giunone, altri Bellona, altri Ecate, altri ancora Ramnusia, ma i due popoli degli Etiopi, che il dio sole illumina coi suoi raggi quando sorge e quando tramonta e gli Egizi, così grandi per la loro antica sapienza, venerandomi con quelle cerimonie che a me si addicono, mi chiamano con il mio vero nome, Iside regina.



[1] Iside in groppa alla cagna Sothis costituiva un'immagine particolare in quanto Iside e Sothis si identificavano l'una nell'altra: Sothis era infatti l'anima stessa di Iside. La coppia, chiamata Anukis, nella mitologia egiziana rappresentava la piena del Nilo.

Nel mondo romano veniva interpretata quale trionfo dell'ordine cosmico, della verità e della giustizia sul caos, sull'anarchia e sulla miseria .

All’interno dei riti isiaci Iside-Sothis sovrintendeva al movimento degli astri e simboleggiava il rinnovamento ciclico delle stagioni e la fecondità.

Tra le costellazioni, la coppia Iside-Sothis si identifica con la stella Sirio. L'immagine di Iside in groppa a Sothis, quasi sempre rivolta a destra, decora abitualmente il frontone degli isei.

 

[2] Cassio Dione, LXVI.24.2